sabato 24 giugno 2017

Seminario Robert Marvin. CTA Milano




Attaccamento, trauma e 'il circolo della sicurezza:
applicazioni nell'ambito dell'adozione e dell'affido

Robert Marvin
psicologo e ricercatore. Direttore della 'The Ainsworth Attachment Clinic e del 'Circle of Security Network' e professore emerito

Milano, 13 maggio 2017 Aula Magna Istituto "B. Cavalieri"


I traumi dell’attaccamento

I bambini traumatizzati ci mandano dei segnali. Un buon genitore è colui che è in grado di leggere correttamente, nei comportamenti dei figli,  i loro bisogni e sa rispondere in modo appropriato. Ciò che conta è la relazione genitore-figlio: questa è la chiave per sviluppare la sicurezza e l’auto-regolazione nei bambini traumatizzati (bisogna evitare di ricorrere a strumenti di controllo sui figli).

Il bambino impara più dall’interazione con i genitori che dalle loro istruzioni e raccomandazioni. Egli cerca nei genitori una base sicura: amore e protezione, anche quando sbaglia. Attraverso l’empatia i genitori possono aiutare i figli a regolare le loro emozioni  e dunque i loro comportamenti, a elaborare strategie e diventare indipendenti.  

Le principali aspettative del bambino nei confronti dei genitori:

Mi devi guardare le spalle
Devi essere felice di stare con me
Mi devi aiutare (ma devi lasciarmi fare da solo)
Devi divertirti con me

Il circolo corretto della sicurezza si svolge così:

Accoglienza
Protezione
Conforto
Allegria reciproca
Lettura delle emozioni (aiutare a dare un nome alle emozioni quando è necessario)

Sviluppo dell’attaccamento (legame emotivo intimo con chi si prende cura del bambino/”caregiver)

Il bambino nasce con un comportamento di attaccamento:
prima fase - dalla nascita fino a 6-8 settimane - bisogno intenso, senza discriminazione
seconda fase - da 6-8 settimane a 1 anno - attaccamento con discriminazione
terza fase - da 1 anno a 4 anni - attaccamento consolidato, impara a staccarsi
quarta fase - dopo i 4 anni - attaccamento adattato in base allo scopo
Dopo 1 anno il bambino può avere problemi di attaccamento anche gravi se non ha avuto un “caregiver” sano. I traumi si trasmettono inconsapevolmente da una generazione all’altra attraverso la genitorialità.

Modelli di legami (interazione)

Organizzati e sani: i bambini sono più autonomi; hanno reazioni adeguate con i pari e gli adulti; sono capaci di autoregolare le proprie emozioni,: sono più motivati e curiosi a scuola; riescono a risolvere i problemi e i conflitti.
Disorganizzati e ad alto rischio: i bambini hanno comportamenti asociali; hanno difficoltà a regolare la loro emotività e i loro comportamenti; hanno una scarsa abilità comunicativa; manifestano problemi di comportamento distruttivo; mostrano bassa curiosità in campo scolastico e motivazionale.

In un circolo disorganizzato della sicurezza il bambino lancia un segnale distorto. Si tratta di comportamenti “evitanti”: il bambino non mostra di essere confortato dal genitore: lo ignora. Lotta contro ogni tentativo di riflessione perché ciò lo fa soffrire.

Di fronte all’ansia è importante rassicurare sempre. Attenzione: capita di equivocare un segnale distorto e, ad esempio, interpretare per indipendenza un comportamento evitante del bambino, attraverso il quale egli inibisce i suoi bisogni e le sue emozioni. Dice “posso farcela da solo, non ho bisogno di nessuno” e lo fa in modo inconsapevole. Anche l’aggressività è un segnale per dire “mamma ho bisogno di te e tu non rispondi”. E’ un segnale distorto che spesso viene catalogato come “disubbidienza, aggressività…

Disorganizzazione nell’infanzia

Comportamento spaventato o spaventante del “caregiver”     attaccamento disorganizzato del bambino   Paura e rinuncia del genitore al ruolo di “caregiver”        il bambino viene privato di un “porto sicuro familiare”; non sa cosa fare ed è sopraffatto dalla paura.
In età infantile viene meno la strategia di attaccamento perché il genitore è inadeguato: è spaventato lui stesso o spaventa. Se il genitore collassa (rinuncia al suo ruolo), perché ha paura per il bambino, è un trauma, tanto quanto il genitore che abbandona  il bambino.

Disorganizzazione in età scolare e oltre

I genitori adottivi o affidatari possono correggere un attaccamento disorganizzato se sono in grado di leggere i segnali distorti del bambino. Non è il bambino che deve guidare il cambiamento ma il genitore, supportato a livello psicologico. I genitori devono essere aiutati  e istruiti per primi perché sono loro che vivono quotidianamente con il bambino. Solo in seguito lo psicologo si prenderà  cura del bambino (il bambino va dallo psicologo forse una volta alla settimana ma sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno, vive in famiglia!) Con due ore alla settimana per dieci-dodici incontri si possono ottenere già dei buoni risultati, invece senza alcun supporto si rischia di andare avanti anni e anni senza risultati.

Effetti della disorganizzazione sulla generazione successiva

Attaccamenti insicuri e disorganizzati sono associati, in età adulta, ad una genitorialità problematica e vengono trasmessi alla generazione successiva.
Il problema non è il trauma ma se esso è stato risolto! Il processo di guarigione da traumi dell’attaccamento non si completa mai del tutto. E a volte le cose non vanno come speriamo.
Il trauma irrisolto del genitore è la chiave per comprendere i traumi dell’attaccamento dei figli.

Ferite e traumi

Si pensa che la separazione dai genitori all’età di 1 o 2 anni non provochi ferite. Non è così: si crea un trauma psicologico che si manifesta in disturbi comportamentali più avanti. I genitori biologici e adottivi svolgono un ruolo essenziale nella guarigione dei traumi dell’attaccamento dei figli. Devono mettersi nella condizione (preparandosi, facendosi aiutare) di essere in grado di interpretare i comportamenti del bambino, leggere i segnali che lancia, e sapere come interagire, quali prassi scegliere per favorire la guarigione. Naturalmente i servizi sociali devono poter fornire il supporto necessario per sviluppare le giuste strategie: lettura dei comportamenti e relative misure da applicare. Evidentemente occorre valutare se è più grave lasciare il bambino con i suoi genitori biologici.

Nel collocamento del bambino è fondamentale la verifica professionale della famiglia affidataria o adottiva. Si dovrebbero fare dei test per valutare come si comportano per riparare le situazioni di inquietudine. La valutazione deve comprendere anche la capacità dei servizi sociali di fornire il supporto adeguato alle famiglie. Bisogna anche fare attenzione a non far subire al bambino più collocamenti o ad avere più persone che si prendono cura di lui, altrimenti non potrà sviluppare un adeguato attaccamento. In ogni caso i genitori biologici, affidatari o adottivi non devono perdere tempo! Le esperienze emotive correttive sono la chiave del recupero. I figli cresciuti in famiglie “sicure” sono in grado di trovare una propria strategia vincente nella gestione dei traumi.

Come aiutare le famiglie

L’auto-osservazione”, la visione del  video di se stessi insieme al proprio bambino, è una buona tecnica per valutare il tipo di interazione stabilita (sicura o insicura). Attraverso questo approccio il genitore sviluppa le sue abilità di osservazione, le sue capacità riflessive ed empatiche nei confronti del figlio. In questo modo riesce a capire quali sono i comportamenti che il bambino usa per comunicare i diversi bisogni e se la comunicazione avviene in modo diretto o distorto. Si rende conto, altresì, del tipo di risposta che lui è stato in grado di dare e che cosa provava nel rispondere a quel particolare bisogno del figlio.

In generale tutti i “caregivers” migliorano imparando a leggere i segnali dei propri bambini e, ad un certo punto, tutti i “caregivers” rimangono bloccati, probabilmente per esperienze difficili legate al loro vissuto. A questo punto inizia la fase della psicoterapia.

Tutti i genitori hanno bisogno di confrontarsi l’un l’altro. “Noi non vediamo le cose come così come sono, ma le vediamo per come siamo noi” (Talmud). Lo stato mentale e i miei sentimenti del momento influenzano la mia percezione delle cose che sto vivendo in quel momento. Questo si può riflettere sulla interazione con mio figlio e causare un fraintendimento, una lettura distorta dei segnali. Se siamo ansiosi, paurosi, arrabbiati…reagiremo di conseguenza!

Ecco l’importanza di
1.     aiutare i genitori a riflettere su come il loro vissuto, i loro modelli operativi influenzano le opinioni che essi hanno dei comportamenti e dei bisogni dei propri figli;
2.     offrire loro gli strumenti per comprendere che il modo in cui percepiscono un evento può essere influenzato dal loro attuale stato mentale.

Esempio :Il bambino piange e mi cerca.

Interpretazione numero 1: ha bisogno, lo devo consolare.
Quando piangevo e avevo bisogno, venivo consolato e abbracciato. Risposta: vado, lo abbraccio, lo consolo.

Interpretazione numero 2: è arrabbiato con me.
Nell’infanzia, quando piangevo e avevo bisogno, non venivo consolato e avevo l’impressione che i miei genitori ce l’avessero con me. Risposta: mi dà fastidio, deve smettere.


Occorre aiutare i genitori ad essere più sicuri, mettere a posto il loro passato e guarire. Non per forza un genitore ansioso ed evitante non è adatto a fare il genitore; va solo aiutato a stare bene ed entrare nella sua genitorialità.

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