lunedì 28 gennaio 2013

Il linguaggio segreto dei fiori


Segnaliamo il romanzo di Vanessa Diffenbaugh[1], Il linguaggio segreto dei fiori, Garzanti, 2011. É una lettura intensa, stimolante e utile per capire, o meglio “tradurre”, il linguaggio di alcuni nostri figli. Protagonista Victoria, una ragazza abbandonata in culla, che trascorre l’ infanzia e l’ adolescenza sballottata da una famiglia all’ altra, accumulando una serie ininterrotta di rifiuti che ne aumentano la rabbia, il rancore, la vergogna e la solitudine. Al suo fianco, dalla nascita fino ai diciotto anni, un’ assistente sociale sfiduciata e inacidita dai ripetuti insuccessi della giovane; un’ operatrice incapace di capire, convinta che tutte le difficoltà della ragazza dipendano dalla sua scarsa volontà.

“Devi volerlo”, continuò. “Io ho fatto tutto quello che potevo. Ma la verità è che sei tu che devi volerlo”.
“Volere che cosa?” mi chiedevo ogni volta che mi diceva quella frase. In quel momento volevo solo che lei se ne andasse…p.28.

All’età di nove anni nella vita di Victoria entra Elisabeth: una nuova mamma affidataria, una “nemica” da tenere lontana, da sfidare attraverso continue provocazioni, in attesa del crollo nervoso e della sua resa. Ma Elisabeth è una donna che ha sofferto e sa riconoscere il dolore:

“A mia madre non piacevo nemmeno io” (…) “Almeno questo ci accomuna” (…) “Mia madre si è ammalata per colpa mia…Nessuno me lo nascose. I miei genitori non volevano un’ altra figlia femmina. Tutti pensavano che le ragazze non avessero papille gustative capaci di distinguere l’ uva matura (i genitori sono viticoltori). Ma io ho dimostrato che si sbagliavano” (…) “Credo che anche tu possa dimostrare che si sbagliano, Victoria. Il tuo comportamento è una scelta, non è ciò che sei”. Se Elisabeth ne era davvero convinta, pensai, il futuro le avrebbe riservato solo delusioni p.54-55).

Elisabeth sarà la prima e unica vera mamma di Victoria. É lei che insegnerà alla figlia il linguaggio segreto dei fiori[2], la possibilità di comunicare i propri stati d’ animo, le proprie emozioni attraverso un linguaggio desueto, oscuro e misterioso. Victoria ha, infatti, bisogno di un "codice" per riuscire ad esprimersi e a entrare in contatto con gli altri. Con le parole non riesce, forse perché troppo chiare e impegnative. Grazie ad Elisabeth, Victoria capirà, ormai maggiorenne e senza fissa dimora, quale strada intraprendere per diventare adulta:

In quel preciso istante mi tornarono in mente le parole di Meredith (la sua assistente sociale), quelle che mi aveva detto alla Casa dell’ accoglienza e decine di volte prima di allora: “Devi volerlo”. Dovevo essere una figlia, una sorella, un’ amica, un’ allieva, mi aveva ripetuto infinite volte. Ma io non volevo essere nessuna di quelle cose e né le promesse di Meredith né le sue minacce o i tentativi di corrompermi avevano  influito sulle mie convinzioni. Adesso, all’ improvviso, sapevo che cose volevo essere: una fioraia p.67.


Un genitore ci scrive

Grazie per l'indicazione del libro "Il linguaggio segreto dei fiori". L'ho preso e letto nelle vacanze. L'ho dato anche a mio figlio per il suo compleanno, senza commenti, vedremo. Naturalmente è un romanzo e la nostra cara Victoria guida la macchina per lavoro senza fare la patente, sa essere razionale con i soldi, sul lavoro - persino con doti imprenditoriali di eccellenza - problemi con cui, invece, noi siamo spesso confrontati. Ma il libro mi pare prezioso perché esprime bene il modo di pensare e agire di Victoria, la radicalità di un sì o di un no. L'incapacità di relazioni "normali", l' impossibilità di "raggiungerla" anche quando ha male, fa male o si fa male; la sua incapacità di cercare o ricevere aiuto e la sua "cattiveria" verso chi si avvicina troppo a lei, al punto da farla sentire minacciata e minacciare, a sua volta,  le persone più care. Poter leggere tutto questo, così efficacemente in un romanzo, contribuisce a divulgare la cultura dell'adozione. Vedo che i siti che ne parlano (e il ‘battage’ mediatico, siti, ecc.) si concentrano sul linguaggio dei fiori, che per me è assai marginale a fronte dello spessore dato ai personaggi e alla problematica di Victoria. A mio avviso quello del linguaggio dei fiori è un espediente geniale dell'autrice per dire quanto leggiamo nei testi sull'adozione: cioè che  il linguaggio degli adottati va in qualche modo TRADOTTO, più ancora che interpretato; e qui anche il linguaggio dei fiori è un linguaggio da tradurre .
Anche la sua "vocazione" per il linguaggio dei fiori, mi pare una bella metafora per evidenziare la preziosa ricchezza interiore di questi ragazzi sopravvissuti a mille difficoltà; "vocazione" che spesso non riesce però a trasformarsi in un progetto. É un libro che mi fa molto riflettere e capire le difficoltà che incontro a parlare con mio figlio  e le sue difficoltà  a farsi aiutare.
Non è per ora "raggiungibile", come lo è stata Victoria per tanti anni. Questa è la difficoltà immane che noi incontriamo: vorremo parlare con lui di un progetto che gli permetta di reinserirsi nella società, ma non vogliamo essere come la sua perfida assistente sociale!
Il comportamento delle figure positive che ruotano intorno a Victoria sono interessanti ma quasi irreali nel loro rispetto della distanza che Victoria tiene nei loro confronti. Alla fine lei sarà grata a loro proprio per questo. Purtroppo però nella nostra  realtà, spesso questa situazione porta persone come Victoria, all'emarginazione, all'autodistruzione, al carcere.














[1]
VANESSA DIFFENBAUGH è nata nel 1978 a San Francisco e cresciuta a Chico, in California. Si è laureata all'Università di Stanford in Scrittura Creativa e in Pedagogia. Successivamente ha insegnato arte e scrittura ai giovani in comunità disagiate. Lavora da anni in associazioni no-profit accogliendo e aiutando a inserirsi nella società giovani "problematici", senzatetto e bambini in affido. E' fondatrice di Camelia Network, una onlus che assiste i ragazzi durante tutti i delicati passaggi dell'affidamento. Il linguaggio segreto dei fiori è il suo primo romanzo ed è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Garzanti. E' una storia di sofferenza e riscatto, narrata con estrema delicatezza, ispirata alle esperienze dell'autrice tra i bambini e i ragazzi delle comunità di accoglienza. L'autrice ha tratto ispirazione anche dalla sua diretta esperienza come madre adottiva. Pubblicato in contemporanea in tutto il mondo, il libro è immediatamente diventato un fenomeno editoriale. Conteso da editori in tutti i continenti, dopo aste agguerrite e cifre da record, è stato tradotto in più di trenta paesi. Uscito in contemporanea mondiale nel maggio 2011, racconta una storia di coraggio e di speranza, di abbandono e di incredibile sete di vita, mostrandoci la forza immensa dell'amore più vero, quello imperfetto e senza radici, che dà senza pretendere nulla in cambio. 
Vanessa Diffenbaugh è inoltre curatrice di una rubrica mensile sull'educazione dei figli nel giornale locale di Sacramento, città in cui ha vissuto a lungo prima di trasferirsi con il marito e i tre figli a Cambridge nel Massachusetts, dove vive attualmente.
http://www.festivaldelleletterature.it/it/artisti/116/vanessa-diffenbaugh.html

[2] Secondo una tradizione molto in voga nei secoli passati, oggi quasi completamente dimenticata, ad ogni fiore era abbinato uno o più significati (ad esempio: il papavero era il simbolo dell’ immaginazione e della stravaganza; il cardo della misantropia e dell’austerità; la dalia della dignità; la lavanda della diffidenza; il musco (o muschio) dell’ amore materno, ecc.