Segnaliamo il
romanzo di Vanessa Diffenbaugh[1], Il linguaggio segreto dei fiori, Garzanti, 2011. É una
lettura intensa, stimolante e utile per capire, o meglio “tradurre”, il linguaggio
di alcuni nostri figli. Protagonista Victoria, una ragazza abbandonata in
culla, che trascorre l’ infanzia e l’ adolescenza sballottata da una famiglia
all’ altra, accumulando una serie ininterrotta di rifiuti che ne aumentano la
rabbia, il rancore, la vergogna e la solitudine. Al suo fianco, dalla nascita
fino ai diciotto anni, un’ assistente sociale sfiduciata e inacidita dai
ripetuti insuccessi della giovane; un’ operatrice incapace di capire, convinta
che tutte le difficoltà della ragazza dipendano dalla sua scarsa volontà.
“Devi volerlo”, continuò. “Io ho fatto tutto quello che potevo. Ma la
verità è che sei tu che devi volerlo”.
“Volere che cosa?” mi chiedevo ogni volta che mi diceva quella frase. In
quel momento volevo solo che lei se ne andasse…p.28.
All’età di nove anni nella vita
di Victoria entra Elisabeth: una nuova mamma affidataria, una “nemica” da
tenere lontana, da sfidare attraverso continue provocazioni, in attesa del
crollo nervoso e della sua resa. Ma Elisabeth è una donna che ha sofferto e sa
riconoscere il dolore:
“A mia madre non piacevo nemmeno io” (…) “Almeno questo ci accomuna” (…)
“Mia madre si è ammalata per colpa mia…Nessuno me lo nascose. I miei genitori
non volevano un’ altra figlia femmina. Tutti pensavano che le ragazze non
avessero papille gustative capaci di distinguere l’ uva matura (i genitori
sono viticoltori). Ma io ho dimostrato
che si sbagliavano” (…) “Credo che anche tu possa dimostrare che si sbagliano,
Victoria. Il tuo comportamento è una scelta, non è ciò che sei”. Se Elisabeth ne era davvero convinta,
pensai, il futuro le avrebbe riservato solo delusioni p.54-55).
Elisabeth sarà la prima e unica
vera mamma di Victoria. É lei che insegnerà alla figlia il linguaggio segreto dei
fiori[2],
la possibilità di comunicare i propri stati d’ animo, le proprie emozioni attraverso
un linguaggio desueto, oscuro e misterioso. Victoria ha, infatti, bisogno di un
"codice" per riuscire ad esprimersi e a entrare in contatto con gli
altri. Con le parole non riesce, forse perché troppo chiare e impegnative. Grazie
ad Elisabeth, Victoria capirà, ormai maggiorenne e senza fissa dimora, quale
strada intraprendere per diventare adulta:
In quel preciso istante mi tornarono in mente le parole di Meredith (la sua
assistente sociale), quelle che mi aveva
detto alla Casa dell’ accoglienza e decine di volte prima di allora: “Devi
volerlo”. Dovevo essere una figlia, una sorella, un’ amica, un’ allieva, mi
aveva ripetuto infinite volte. Ma io non volevo essere
nessuna di quelle cose e né le promesse di Meredith né le sue minacce o i
tentativi di corrompermi avevano influito
sulle mie convinzioni. Adesso, all’ improvviso, sapevo che cose volevo essere:
una fioraia p.67.
Un genitore ci scrive
Grazie
per l'indicazione del libro "Il linguaggio segreto dei fiori". L'ho preso e letto nelle
vacanze. L'ho dato anche a mio figlio per il suo compleanno, senza commenti,
vedremo. Naturalmente è un romanzo e la nostra cara Victoria guida la macchina
per lavoro senza fare la patente, sa essere razionale con i soldi, sul lavoro -
persino con doti imprenditoriali di eccellenza - problemi con cui, invece, noi
siamo spesso confrontati. Ma il libro mi
pare prezioso perché esprime bene il modo di pensare e agire di Victoria, la
radicalità di un sì o di un no. L'incapacità di relazioni "normali",
l' impossibilità di "raggiungerla" anche quando ha male, fa male o si
fa male; la sua incapacità di cercare o ricevere aiuto e la sua
"cattiveria" verso chi si avvicina troppo a lei, al punto da farla
sentire minacciata e minacciare, a sua volta, le persone più care. Poter leggere tutto
questo, così efficacemente in un romanzo, contribuisce a divulgare la cultura
dell'adozione. Vedo che i siti che ne parlano (e il ‘battage’ mediatico, siti,
ecc.) si concentrano sul linguaggio dei fiori, che per me è assai marginale a
fronte dello spessore dato ai personaggi e alla problematica di Victoria. A mio
avviso quello del linguaggio dei fiori è un espediente geniale dell'autrice per
dire quanto leggiamo nei testi sull'adozione: cioè che il linguaggio
degli adottati va in qualche modo TRADOTTO, più ancora che interpretato; e qui
anche il linguaggio dei fiori è un linguaggio da tradurre .
Anche la sua "vocazione" per il linguaggio dei fiori, mi pare una bella metafora per evidenziare la preziosa ricchezza interiore di questi ragazzi sopravvissuti a mille difficoltà; "vocazione" che spesso non riesce però a trasformarsi in un progetto. É un libro che mi fa molto riflettere e capire le difficoltà che incontro a parlare con mio figlio e le sue difficoltà a farsi aiutare.
Non è per ora "raggiungibile", come lo è stata Victoria per tanti anni. Questa è la difficoltà immane che noi incontriamo: vorremo parlare con lui di un progetto che gli permetta di reinserirsi nella società, ma non vogliamo essere come la sua perfida assistente sociale!
Anche la sua "vocazione" per il linguaggio dei fiori, mi pare una bella metafora per evidenziare la preziosa ricchezza interiore di questi ragazzi sopravvissuti a mille difficoltà; "vocazione" che spesso non riesce però a trasformarsi in un progetto. É un libro che mi fa molto riflettere e capire le difficoltà che incontro a parlare con mio figlio e le sue difficoltà a farsi aiutare.
Non è per ora "raggiungibile", come lo è stata Victoria per tanti anni. Questa è la difficoltà immane che noi incontriamo: vorremo parlare con lui di un progetto che gli permetta di reinserirsi nella società, ma non vogliamo essere come la sua perfida assistente sociale!
Il
comportamento delle figure positive che ruotano intorno a Victoria sono
interessanti ma quasi irreali nel loro rispetto della distanza che Victoria
tiene nei loro confronti. Alla fine lei sarà grata a loro proprio per questo.
Purtroppo però nella nostra realtà, spesso questa situazione porta
persone come Victoria, all'emarginazione, all'autodistruzione, al carcere.
VANESSA DIFFENBAUGH
è nata nel 1978 a San Francisco e cresciuta a Chico, in California. Si è
laureata all'Università di Stanford in Scrittura Creativa e in Pedagogia.
Successivamente ha insegnato arte e scrittura ai giovani in comunità disagiate.
Lavora da anni in associazioni no-profit accogliendo e aiutando a inserirsi
nella società giovani "problematici", senzatetto e bambini in affido.
E' fondatrice di Camelia Network, una onlus che assiste i ragazzi durante tutti
i delicati passaggi dell'affidamento. Il linguaggio segreto dei fiori è il suo
primo romanzo ed è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Garzanti. E'
una storia di sofferenza e riscatto, narrata con estrema delicatezza, ispirata
alle esperienze dell'autrice tra i bambini e i ragazzi delle comunità di
accoglienza. L'autrice ha tratto ispirazione anche dalla sua diretta esperienza
come madre adottiva. Pubblicato in contemporanea in tutto il mondo, il libro è
immediatamente diventato un fenomeno editoriale. Conteso da editori in tutti i
continenti, dopo aste agguerrite e cifre da record, è stato tradotto in più di
trenta paesi. Uscito in contemporanea mondiale nel maggio 2011, racconta una storia
di coraggio e di speranza, di abbandono e di incredibile sete di vita,
mostrandoci la forza immensa dell'amore più vero, quello imperfetto e senza
radici, che dà senza pretendere nulla in cambio.
Vanessa Diffenbaugh è inoltre curatrice di una rubrica mensile sull'educazione dei figli nel giornale locale di Sacramento, città in cui ha vissuto a lungo prima di trasferirsi con il marito e i tre figli a Cambridge nel Massachusetts, dove vive attualmente. http://www.festivaldelleletterature.it/it/artisti/116/vanessa-diffenbaugh.html
Vanessa Diffenbaugh è inoltre curatrice di una rubrica mensile sull'educazione dei figli nel giornale locale di Sacramento, città in cui ha vissuto a lungo prima di trasferirsi con il marito e i tre figli a Cambridge nel Massachusetts, dove vive attualmente. http://www.festivaldelleletterature.it/it/artisti/116/vanessa-diffenbaugh.html
[2] Secondo una tradizione
molto in voga nei secoli passati, oggi quasi completamente dimenticata, ad ogni
fiore era abbinato uno o più significati (ad esempio: il papavero era il
simbolo dell’ immaginazione e della stravaganza; il cardo della misantropia e
dell’austerità; la dalia della dignità; la lavanda della diffidenza; il musco
(o muschio) dell’ amore materno, ecc.
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