Per anni un gruppo di genitori adottivi si ritrova per condividere le proprie scelte educative ed aiutare i figli a "diventare grandi, sufficientemente responsabili, autonomi e adulti (...) capaci a loro volta di trasmettere qualcosa a qualcun altro". Agli incontri partecipa un neuropsichiatra, psicoterapeuta di professione, Marco Mastella, dotato di una grande umiltà: sa ascoltare, memorizzare, rielaborare, interpretare e, immaginiamo, dare gli imput giusti al gruppo per crescere.
Marco Mastella, Sognare e crescere il figlio di un'altra donna, (2009), Cantagalli (ed.) é un bel libro che ha il pregio di coinvolgere il lettore al punto di farlo sedere all'interno del gruppo, vero protagonista e coautore del libro. Parlando, ascoltando, sbagliando e riprovando i genitori -e con loro il lettore- si accorgono di cambiare pelle e imparano a relazionarsi diversamente con i figli, a mantenere aperto il dialogo e a "sopravvivere" nei momenti di sconforto.
Molto interessanti le parti dedicate all'adolescenza, al passaggio "dalla dinamica del controllo a quella del rischio educativo", alla difficoltà di prendere le distanze dai nostri figli e "diventare spettatori partecipi, tifosi della (loro) riuscita sapendo "che comunque non (li abbandoneremo), del tutto soli, al loro destino". È un cammino lungo ed esaltante che talvolta lascia come prosciugati e privi di energia: "Non posso mollare mai (dice un padre del gruppo) fino all'ultimo dovremo ritentare" per fornire, come precisa Mastella, a ognuno dei nostri figli "la prova del limite della sua distruttività". Se noi genitori reggiamo lo aiutiamo a non perdere "la speranza di poter sopportare lui stesso, dentro di sé, la propria distruttività, fino ad arrivare a trasformarla almeno un po' ".
Un libro ricco di spunti che ci aiuta a capire le dinamiche famigliari, gli ostacoli nelle relazioni interpersonali, le fughe dei figli alla ricerca di maggiore libertà, l'adesione a modelli di comportamento antisociali, l'approccio con il mondo del lavoro e l'esperienza, per molte ragazze, di una gravidanza precoce che dia loro conferma della propria fertilità.
Nella maggioranza dei casi i genitori e i figli riescono a crescere insieme e le rotture dolorose si ricompongono adagio, adagio. Qualche volta il cammino è più impervio e occorre accettare i propri limiti e non dimenticare che "è più difficile essere genitori adottivi che figli adottivi"(1). È importante, quando il coinvolgimento emotivo e fisico è tale da non dare tregua, riconoscere che è giunto il momento di farci aiutare: " il livello di sofferenza e di difficoltà a elaborare ciò che sta accadendo può diventare, in taluni momenti, intollerabile anche per i genitori più devoti e dotati. Per loro e per il figlio può allora diventare molto prezioso un aiuto specialistico esterno".
Ottima la scelta del titolo: il legame che dobbiamo creare con i nostri figli non può prescindere dalla figura della loro mamma biologica. È con lei che i nostri figli devono riuscire prima o poi a riconciliarsi per riappropriarsi della loro storia.
(1) M. Soulé (2002), Contributo clinico alla comprensione dell'immaginario dei genitori. A proposito dell'adozione ovvero il romanzo di Polibo e Merope. In Zurlo M.C. (2002), La filiazione problematica. Liguori, Napoli
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