lunedì 19 dicembre 2011

...è come l'acqua che evapora

"Una madre è come una sorgente di
montagna che nutre l 'albero alle sue
radici, ma una donna che diventa
madre del bimbo partorito da un'altra
donna è come l'acqua che evapora fino
a diventare nuvola e viaggia per lunghe
distanze per nutrire un albero solo nel
deserto" (Talmud)

da Barbara Waterman, “La nascita di una madre. Relazioni di attaccamento di madri non biologiche”
ed. Ma.Gi. (collana Psicologia infantile)

Trauma e genitorialità

Si è tenuto oggi a Milano, presso il Centro Congressi di via Corridoni 16, la giornata studio sul tema Trauma e genitorialità: relatori Patricia Crittenden affiancata da Andrea Landini.
Digitare pmcrittenden@gmail.com per Handouts DMM News in italiano.
Nel pomeriggio è seguita una tavola rotonda sul protocollo per la valutazione forense degli attaccamenti famigliari della International Association for the Study of Attachment. Partecipanti: Laura Laera, Cecilia Ragaini, Luca Villa, Francesco Vadilonga

PROGRAMMA
http://www.provincia.milano.it/export/sites/default/affari_sociali/Eventi/sp_trauma_genitorialita-19dic2011.html

lunedì 21 novembre 2011

A Milano direttamente da casa!

Il CIAI (Centro Italiano Aiuti all’infanzia) ci segnala che

- ci sono ancora posti disponibili per il seminario di approfondimento per famiglie e operatori "Creare il legame genitore-figlio con un bambino già grande" (relatore dr.ssa A. Santona) - sabato 3 dicembre 2011 ore 9.00-13.00, Milano. C'è la possibilità della partecipazione anche in livestreaming, con la stessa modalità di adesione e quota di partecipazione.
Per scaricare il programma cliccare qui.
Per scaricare il modulo d'iscrizione cliccare qui.

- fino al 22 dicembre sono aperte le iscrizioni al corso operatori "Formazione e Supervisione sull'adozione", in calendario a Milano da gennaio a maggio 2012. Sono stati attribuiti 25 crediti formativi per Assistenti Sociali.
Per scaricare il programma cliccare qui.
Per scaricare il modulo d'iscrizione cliccare qui.

- fino al 15 gennaio sono aperte le iscrizioni al corso operatori "Conoscere e sostenere la famiglia adottiva", in calendario a Monopoli il 25-26 gennaio 2012.
Per scaricare il programma cliccare qui.
Per scaricare il modulo d'iscrizione cliccare qui.

Per maggiori informazioni sui seminari e corsi di formazione potete contattare
uff. Centro Studi, Formazione e Educazione
Via Bordighera, 6
20142 Milano
tel. 02. 84 84 44 27-28
fax. 02. 84 67 715
www.ciai.it

Cordiali saluti
Maria Forte

domenica 18 settembre 2011

Un sito tutto nostro

Il nostro sito è da oggi on line. http://www.spazioadozione.org/
Spazioadozione ringrazia Piergiuseppe Milanesi per la disponibilità, la pazienza e l'affetto con cui ha guidato Fausta nel lungo lavoro di allestimento. Sono ancora parecchie le cose da perfezionare e lo faremo con calma nei prossimi mesi, anche con il contributo dei nostri lettori.

giovedì 25 agosto 2011

Un blog dedicato ai figli adottivi. Pensato, realizzato e gestito da loro

Riceviamo da Afaiv ( http://www.afaiv.it ) e pubblichiamo con grandissimo piacere.

Carissimi,
sono Donatella, la figlia di Antonella Rossi di AFAIV. Vi scrivo questa e-mail per comunicarVi che insieme a un caro amico, Tiago, abbiamo creato un blog dedicato ai figli adottivi. Ci piacerebbe promuoverlo affinchè possa diventare uno spazio di confronto e condivisione a noi dedicato. Si intitola Il legame originale” e il suo indirizzo internet è: http://legameoriginale.blogspot.com/ .

Ci farebbe molto piacere avere il Vostro contributo e la Vostra Collaborazione per i contenuti. Vi invitiamo gentilmente anche a diffondere la nostra iniziativa presso i ragazzi adottivi che sono in contatto con Voi. Vi ringraziamo e salutiamo calorosamente.


martedì 14 giugno 2011

DECALOGO


  1. L’adozione dura tutta la vita e cambia la vita. È un diritto conoscere, da subito, i problemi e le incognite che si dovranno affrontare. Prima di presentare la domanda di idoneità all’adozione è utile prendere contatto con le associazioni delle famiglie che da anni sono impegnate in questo progetto.
  2. I problemi dei genitori adottivi sono diversi da quelli degli altri genitori. I figli adottivi sono figli traumatizzati dalla perdita della mamma biologica. Relazionarsi con il trauma non è facile e occorrono delle competenze specifiche.
  3. La preparazione offerta alle coppie che chiedono di adottare è inadeguata e legata ad un’idea superata dell’adozione, che considera l’amore l’unica medicina in grado di risolvere tutti i problemi. L’amore è fondamentale ma non è sufficiente.
  4. Per sostenere ed educare un figlio adottivo è indispensabile un buon gioco di squadra all’interno della famiglia e al suo esterno (rapporti con gli altri genitori, con gli educatori, con gli operatori sociali, ecc…)
  5. Occorre formare gli operatori sociali, garantendo loro una qualifica specifica in adozione. Questo perchè se l’intervento è specialistico e tempestivo si evita il rischio di una cronicizzazione del disagio, con tutte le conseguenze del caso.
  6. La scuola rappresenta la prima prova del fuoco. Ḗ sbagliato pensare che con la sola buona volontà i nostri figli risolveranno tutti i problemi. L’esposizione prolungata a forti stress può aver compromesso le facoltà legate all’apprendimento e alla memoria. I genitori non devono crearsi aspettative eccessive.
  7. L’adolescenza, che coincide con la perdita dell’infanzia, è particolarmente devastante, soprattutto quando il legame con la famiglia non è ancora saldo. La ricerca di una propria identità risveglia nei ragazzi i legami con la storia pregressa e il carico di ansia e di solitudine può rivelarsi insopportabile.
  8. Le famiglie in difficoltà non devono essere lasciate sole. Una terapia mirata, che coinvolga tutti i membri della famiglia, evita di far ricadere sui figli la responsabilità della crisi.
  9. Mettere ad un ragazzo l’etichetta di “personalità limite” o “borderline” equivale a rovinargli la vita. I ragazzi vanno aiutati nella ricerca e scoperta delle loro potenzialità e dei loro talenti.
  10. Per i figli adottivi che non riescono a risolvere all’interno della famiglia i loro problemi, si aprono le porte del foyer, dell’ ospedale psichiatrico o del carcere e divengono casi sociali, il cui recupero è ancora più problematico.

sabato 11 giugno 2011

"Per amore di un figlio" di Flavia Baciocchi e Francesco Chiesa

Segnaliamo il link di rimando alla trasmissione Falò di giovedì scorso, dedicata all’adozione, dal titolo “Per amore di un figlio” di Flavia Baciocchi e Francesco Chiesa http://la1.rsi.ch/falo/welcome.cfm?idg=0&ids=0&idc=42091

e invitiamo tutti a collegarsi con il sito della RSI per lasciare un commento
http://www4.rsi.ch/forumfalo/index.cfm?sezid=3217&CFID=27686234&CFTOKEN=31740226

Patrizia Milani e Fausta Manini di Spazioadozione hanno partecipato alla trasmissione. Altre mamme dell’associazione hanno letto alcune testimonianze esemplificative della nostra esperienza. La scelta di non apparire in video è stata motivata unicamente dal desiderio di riservatezza richiesto dai figli. D’altra parte i nostri nomi e volti sono noti a tutti coloro che ci seguono sul blog e partecipano alle nostre iniziative.

sabato 4 giugno 2011

Formazione e aiuto reciproco



"Adottare significa camminare sul filo del rasoio e i primi passi si fanno ad occhi chiusi"


(San Paolo- Brasile, novembre 1994. Frammenti di un discorso ascoltato per strada)

In questi ultimi dieci anni, grazie al contributo di numerosi studi sull’adozione, soprattutto in area anglosassone, molte certezze sono state messe in discussione. Una generazione fa si pensava che l’inserimento dei bambini nella nuova famiglia avrebbe risolto ogni problema. L’adozione veniva spesso paragonata ad una nuova nascita, che avrebbe di fatto cancellato tutte le esperienze precedenti. Educare un figlio adottivo non avrebbe comportato problemi particolari né differenze rispetto a quanto ogni genitore avrebbe fatto per i propri figli: stessi problemi, stesse cure. Le eventuali difficoltà o criticità sarebbero state equamente ripartite tra la famiglia (giudicata inadeguata o incapace) e i bambini (considerati ribelli o irriconoscenti). Nessun sostegno o terapia ad hoc: la mancanza di amore avrebbe spiegato gli eventuali fallimenti. Secondo questo modello adottivo poca o nessuna importanza aveva la storia pregressa del bambino e le sue origini erano di fatto cancellate.

Oggi, ma è un discorso iniziato alla fine degli anni 70, l’adozione non è più vista come una seconda nascita, in grado di cancellare l’esperienza dolorosa legata all’abbandono. La “ferita primaria” (Nancy Newton Verrier, La ferita primaria. Comprendere il bambino adottato. il Saggiatore 2008) prodotta sui bambini dalla perdita della mamma biologica lascia delle cicatrici indelebili, che possono riaprirsi all’improvviso, anche a distanza di anni dal nuovo inserimento famigliare. Raramente i neo-genitori sono a conoscenza della complessità dei problemi che dovranno affrontare e maturano la convinzione di poter da soli superare ogni difficoltà. Non è così che funziona!

I figli adottivi, privati nella primissima infanzia di una guida sicura che offre protezione, comprensione e tenerezza, sono bambini o ragazzi traumatizzati con cui non è facile entrare in relazione e riuscire a creare un legame di appartenenza saldo e appagante. La loro storia, che spesso non conosciamo e che molti giudici si ostinano a tenere per sé, nella falsa convinzione di aiutarci, non appartiene solo ai nostri figli, ma entra a far parte della nostra vita. Poco importa se i bambini hanno ricordi, storie da raccontare e condividere, oppure solo tracce, sensazioni, emozioni che non riescono a verbalizzare o, addirittura, una sola grande amnesia: un buco nero,"un fuoco che può esplodere all'improvviso e divorarti" (vai a giovedì 21 maggio 2009). Ciò che li accomuna è la convinzione di vivere in un mondo ostile, in cui dovranno cavarsela da soli, con la sola certezza di non appartenere a nessuno.

Il nostro compito è quello di aiutarli a dare un nome alle loro emozioni, a calmare le loro ansie, a ritrovare la fiducia. Ḗ un lavoro estremamente gravoso che ci accompagnerà negli anni e che ci farà sentire spesso inadeguati e soli. Adottare un figlio vuol dire, infatti, farsi carico di tutti i suoi problemi: autostima zero, totale sfiducia nei confronti degli adulti, schemi relazionali disturbati, rapporto conflittuale con le nuove figure che rappresentano l’autorità (genitori, insegnanti, ecc...). Prendersi cura dei figli, spesso, significa curarli, ovvero svolgere mansioni che sono una via di mezzo tra il genitore e il terapeuta. Ḗ un compito difficilissimo, perché spesso abbiamo a che fare con delle strategie comportamentali e relazionali a noi sconosciute, che non capiamo, che spesso dobbiamo sanzionare senza cedimenti, correndo il rischio di interrompere la comunicazione.

Ecco le ragioni della nostra richiesta di revisione del modello cantonale di preparazione delle famiglie che desiderano adottare un bambino. Sulla base della nostra esperienza riteniamo prioritario far sapere, da subito, ai futuri genitori con quali problemi dovranno confrontarsi e quali incognite dovranno fronteggiare. Non vogliamo scoraggiare nessuno, bensì aumentare la consapevolezza di chi si accinge a fare questa scelta e segnalare che, oltre alle numerose gioie e gratificazioni, si potranno incontrare altrettante difficoltà, che impegneranno non solo il bambino ma tutta la famiglia.

Il trauma della perdita, le fragilità insite nel nuovo legame affettivo, il senso di estraneità vissuto all’interno della nuova famiglia, i comportamenti di adattamento al trauma subito (apparente docilità oppure eccessiva aggressività) sono solo alcuni dei temi che andrebbero affrontati nella fase pre-adottiva. E il confronto con i genitori già collaudati da esperienze “forti”, che non hanno tolto loro entusiasmo e speranza, potrà avere la funzione di valido supporto alla preparazione fornita dalle assistenti sociali. I vantaggi così ottenuti sarebbero molteplici: abituare le coppie in attesa ad interagire tra loro, a non isolarsi, ad affrontare insieme i problemi e, grazie all’esperienza di chi è più avanti nel percorso adottivo ( in molti casi si tratta di un’esperienza pluridecennale), capire per tempo i segni premonitori di comportamenti su cui si dovrà lavorare, senza cadere in facili allarmismi o pericolose banalizzazioni.

Il sostegno alle famiglie dovrebbe, inoltre, essere esteso alle più importanti tappe del percorso adottivo: la scuola, l'adolescenza, il mondo del lavoro e alle situazioni di improvvisa e grave emergenza. Non stiamo parlando di un accompagnamento giorno per giorno, ma della possibilità di poter far capo, in tempi rapidi, a un' équipe di professionisti con una preparazione specifica in adozione, in grado di sostenere la famiglia ed evitare che le relazioni disturbate trovino terreno fertile su cui mettere le radici.

giovedì 26 maggio 2011

FALO' parlerà di adozione giovedì 9 giugno alle 21

La trasmissione FALO', in onda giovedì 9 giugno su LA1 della RSI in prima serata, dedicherà parte della puntata al tema dell'adozione: protagonisti i genitori e i figli. Si parlerà, tra l'altro, anche della nostra associazione.
Durante la trasmissione sarà attivo un blog che permetterà ai telespettatori di farsi sentire. E' un'occasione da non perdere! Aiutateci nel passaparola.

mercoledì 18 maggio 2011

Seminario internazionale con J. PALACIOS, Milano 10.6.2011

Riceviamo dall'associazione AFAIV-ONLUS e pubblichiamo

Il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia in collaborazione con
l’Alta Scuola di Psicologia “A. Gemelli” ha promosso il Seminario
Internazionale con il Prof. Jesús Palacios, dell’Università di Siviglia, che
si terrà venerdì 10 giugno 2011 presso la sede di via Nirone 15
dell’Università Cattolica.
Il Seminario intende presentare una sintesi delle ricerche longitudinali
realizzate presso l'Università di Siviglia che evidenziano il recupero dei
bambini a seguito dell'adozione e il confronto con i bambini che rimangano
in istituto. Verranno inoltre illustrati i risultati di due ricerche
condotte nel contesto italiano sulle tematiche dell'attaccamento e
dell'identità etnica. Il focus sarà poi posto sui diversi modelli di
intervento a supporto delle famiglie, in particolare nel post-adozione: il
modello messo a punto dal prof. Palacios in Spagna e alcune modalità di
intervento realizzate nei servizi pubblici del Nord Italia.
Con piacere Le inviamo il programma, con preghiera di diffusione.
Tutte le informazioni sul sito
http://<http://asag.unicatt.it/>asag.unicatt.it
Ringraziando per l’attenzione, porgiamo i nostri più cordiali saluti

Rosa Rosnati

Per informazioni sui costi e iscrizione

http://asag.unicatt.it/it/eventi/promuovere_il_legame_adottivo_dalla_ricerca_allintervento?tab=4

domenica 15 maggio 2011

La scelta dello scrigno: adozione e genitorialità

L'associazione Gisdi (Gruppo Interdisciplinare Studio Disagio Infantile) organizza sabato 28 maggio alle 14.30 un incontro pubblico presso la Biblioteca Salita Dei Frati (Salita Dei Frati 4- Lugano).

http://www.piergiuseppemilanesi.com/atti/incontro_genitori_adottivi.pdf


L'occasione è quella di presentare il libro "Genitori adottivi" (a cura di) Buranelli, Gatti, Quagliata (vai a venerdì 4 febbraio 2011).

Interverranno: Fiamma Buranelli, Patrizia Gatti, Mauro Pedroni, Fabio Pusterla.
Moderatrice: Patrizia Piacentini

lunedì 2 maggio 2011

CURARE L'ADOZIONE

Consigliamo vivamente la lettura di un volume di recente pubblicazione: Curare l'adozione. Modelli di sostegno e presa in carico della crisi adottiva, di Francesco Vadilonga (a cura di), Cortina Ed. 2010.
Il curatore, psicologo psicoterapeuta, è direttore del Centro Terapia dell'Adolescenza di Milano www.centrocta.it/ e responsabile scientifico del Servizio specialistico e di sostegno delle adozioni e presa in carico delle crisi adottive.

Il libro, di non facilissima lettura per i non addetti ai lavori, ha il grande pregio di orientare il genitore disarmato e impotente di fronte alle numerose e cicliche crisi del percorso adottivo. Quante volte, non riuscendo a capire il perchè di tante reazioni dei nostri figli, abbiamo pensato che ci fosse in loro qualcosa che non funzionava, qualcosa di sbagliato e, non riuscendo a capire cosa, ci siamo sentiti disorientati, confusi, inadeguati e, saprattutto, molto ma molto arrabbiati! Le riflessioni proposte in questo libro, da tredici specialisti in campo europeo, ci offrono nuovo materiale su cui lavorare insieme con l'aiuto dei nostri figli.

"La migliore terapia per un figlio adottivo è l'adozione stessa e quanto i genitori adottivi possono offrire in termini di comprensione e riparazione è molto più significativo di quanto possono offrire altri adulti, compresi i terapeuti. Ma anche i genitori con un rapporto di coppia equilibrato possono essere destabilizzati dall'arrivo di un bambino gravemente traumatizzato e, se l'adozione entra in stallo, è necessario curare l'adozione, cioè far convergere la cura dei bambini problematici e quella delle famiglie adottive. Sulla base di un'ampia esperienza clinica, gli autori sosengono che la vera sfida consiste nel costruire una relazione di attaccamento, producendo una modificazione dei modelli mentali e delle rappresentazioni del bambino"

Contributi di Grazia Attili, Angelo Barbato, Sara Brunetti, Elena Bruno, Milena Dalcerri, Cecilia Edelstein, David Howe, Roberta Mariani, Gregorio Mazzonis, Jesus Palacios, Sara Petoletti, Gloriana Rangone, Francesco Vadilonga.

sabato 16 aprile 2011

Milano 10 maggio 2011 "Curare e sostenere la genitorialità"

La Provincia di Milano, in collaborazione con il Centro di Terapia dell'Adolescenza, organizzano il prossimo 10 maggio, un incontro per presentare il lavoro di Patricia Crittenden, Raising Parents: Attachement, Parenting end Child Safety. L'incontro si terrà, dalle 17 alle 19, presso il Nuovo Spazio Guicciardini in via Macedonio Melloni 3. Occorre annunciare la propria presenza. Per tutte le informazioni

lunedì 11 aprile 2011

A ottobre un congresso internazionale organizzato dall'ASPI: "Il maltrattamento infantile: sguardi complementari"

Gentile Signore

Egregi Signori

Siamo lieti di inviarvi il programma del Congresso internazionale “Il maltrattamento infantile: sguardi complementari” che si svolgerà a Lugano dal 19 al 21 ottobre 2011 e con il quale l’ASPI - Fondazione della Svizzera italiana per l’Aiuto, il Sostegno e la Protezione dell’Infanzia - intende celebrare i suoi 20 anni di esistenza.

Il Congresso si rivolge soprattutto ai professionisti attivi nel campo dell’infanzia e dell’adolescenza, provenienti dai settori dell’educazione, della sanità, della socialità, della giustizia, dell’economia e della politica.

Il Congresso ASPI rappresenta per la Svizzera italiana una novità assoluta e fino ad oggi non è mai stato possibile riunire da noi specialisti tra i più autorevoli al mondo e che invece avremo il piacere di ospitare al nostro congresso (vedi programma allegato).

Questo congresso è dunque davvero un unicum, mai avvenuto in Svizzera prima! Tengo in particolare a precisare che uno degli oratori, David Finkelhor, è considerato da parte degli addetti ai lavori come il più grande specialista al mondo in questo campo: è LA figura di riferimento di tutti quelli che si occupano di maltrattamento infantile e di abusi sessuali sui bambini.

Tutti i dettagli relativi all’organizzazione del Congresso, alla storia e alle attività della nostra Fondazione si trovano nel dossier allegato e sul sito www.aspi.ch/congresso

For English: please find all necessary informations on the new website: www.aspi.ch/congresso

Für Deutsch: Besuchen Sie bitte unsere neue Webseite: www.aspi.ch/congresso

Pour le français: veuillez trouver toutes les informations au sujet du congrès sur le site: www.aspi.ch/congresso

Vi preghiamo gentilmente di trasmettere l'informazione a tutte le persone, gli enti e le associazioni che ritenete possano essere interessati. Restiamo con molto piacere a vostra disposizione per qualsiasi ulteriore informazione.

Con la speranza di potervi contare tra i partecipanti al congresso, vi salutiamo con stima e cordialità.

Myriam Caranzano-Maitre, Dr.med.
Direttrice Fondazione ASPI - www.aspi.ch
Councillor of ISPCAN - www.ispcan.org
Via Povrò 16
CH - 6932 Breganzona

domenica 10 aprile 2011

Gisdi: un'associazione che lavora sul nostro territorio

http://infogisdi.blogspot.com/

Il Gisdi è una associazione senza fini di lucro che nasce dal lavoro di un gruppo interdisciplinare di professionisti, con lo scopo di promuovere la riflessione sulle cause e sulla cura del disagio infantile e adolescenziale nelle sue diverse manifestazioni scolastiche, comportamentali e sociali, integrando modalità di lettura e approcci diversi.

lunedì 4 aprile 2011

I libri bianchi dei Casey Family Services ora in italiano

Aderiamo con piacere all’invito pervenutoci di diffondere il link

http://www.caseyfamilyservices.org/libribianchi unitamente alle informazioni in corsivo.

I due Libri Bianchi dei Casey Family Services – “Un Approccio ai Servizi Post-adozione” e “Pratiche promettenti per Servizi Adozione-competenti di Salute Mentale” – prendono in esame la costellazione dei bisogni dei bambini adottati e delle loro famiglie di recente formazione, insieme a pratiche “promettenti” per rispondere a questi bisogni.

Ora tradotti in italiano, con un’introduzione che presenta dati, informazioni sull’adozione e sui servizi e bisogni post-adozione in Italia e un glossario bilingue inglese-italiano della terminologia dell’adozione, i libri bianchi offrono i punti di vista dei genitori, della ricerca e degli specialisti, con raccomandazioni nell’ambito di pratiche promettenti e della formazione “adozione-competente”.


Jim Casey (1888-1983) imprenditore americano di successo, insieme ai suoi fratelli, istituisce nel 1948 l'Annie E. Casey Foundation che opera a favore dei bambini svantaggiati e delle loro famiglie. I Casey Family Services, istituiti nel 1976, sono il ramo della Annie E. Foundation che si occupa dei servizi e che offre assistenza affidataria specializzata ( ai bambini che non possono vivere con i genitori di nascita), servizi di post-adozione e una serie di programmi che hanno come centro la famiglia.

"Il supporto e la preservazione delle famiglie adottive rappresentano un tema che tradizionalmente riceve meno attenzione rispetto a tutti i procedimenti inerenti all'adozione di per sé. Noi siamo convinti che, in alcuni casi, i servizi post-adozione siano fondamentali per aiutare i figli e le famiglie ad affrontare i problemi e a costruire rapporti sani". Raymond L. Torres (direttore esecutivo Casey Family Services)

Per saperne di più sulla fondazione: Casey Family Services

- 08:10 - [ Traduci questa pagina ]About becoming a foster parent with Casey Family Services. Meet the children, making the decision, eligibility and contact information in the states where ...
www.caseyfamilyservices.org/ - Copia cache - Simili


Il sito offre la traduzione nella lingua desiderata

martedì 29 marzo 2011

"Diventare adulti e responsabili. Come aiutare i figli adulti ad assumersi il rischio delle scelte" ora è diventato un libro

Per festeggiare la nascita dell' associazione abbiamo deciso di mettere a disposizione dei nostri lettori gli atti della giornata del 6 febbraio 2010 in una nuova veste. "Diventare adulti e responsabili. Come aiutare i figli adulti ad assumersi il rischio delle scelte" è ora un vero e proprio libro elettronico.
La nuova versione http://www.spazioadozione.org/Doc/Diventare_adulti_responsabili.pdf ha il vantaggio di poter essere scaricata e stampata facilmente. Confidiamo nell'aiuto di tutti per la sua diffusione. Il nostro ringraziamento va a tutti coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione, in particolare ai nostri relatori: Patrizia Gatti, Claudia Artoni Schlesinger, Marco e Federica Mastella.






Ora siamo un'associazione!

Il 1° marzo 2011 ha avuto luogo l’assemblea costitutiva di “Spazioadozione Ticino”, a tre anni esatti dal nostro primo incontro pubblico organizzato come “Gruppo genitori adottivi” (vedi archivio 2008 Presentazione. Chi siamo. Sabato 22 novembre 2008)

Lo statuto approvato indica le finalità dell’associazione.

http://www.piergiuseppemilanesi.com/atti/Spazioadozione_statuto.pdf

“L'Associazione promuove la cultura dell’adozione. Riconosce il valore sociale dell’aiuto dato ai bambini in stato di abbandono e traumatizzati dalla perdita delle radici biologiche, sociali e culturali. Tale situazione richiede da parte dei genitori adottivi e degli operatori istituzionali una conoscenza specifica dei problemi, in modo da favorire la costruzione di un nuovo e saldo legame di appartenenza all’interno della famiglia adottiva e della società.

In sintonia con questa enunciazione generale l’associazione si propone, in collaborazione con altre associazioni o istituzioni in Svizzera e all’estero, di:

· contribuire all’informazione e alla sensibilizzazione, in ogni ambito della società, su tutte le tematiche inerenti l’adozione

· promuovere, anche con le istituzioni pubbliche e private, in particolare con gli insegnanti delle scuole e i datori di lavoro, iniziative formative e di sostegno

· fornire strumenti di aiuto alle famiglie e agli adottati per una buona integrazione nella società”

Eletti all’unanimità il presidente Fausta Manini, il segretario Rosanna Colombo, il cassiere Isabella Formentini

venerdì 4 febbraio 2011

"Genitori adottivi" (a cura di) Fiamma Buranelli, Patrizia Gatti e Emanuela Quagliata, Astrolabio, 2010

Segnaliamo un libro di recente pubblicazione che si legge tutto d'un fiato e che piace subito, perché aiuta a mettere a fuoco i problemi e suggerisce, attraverso improvvisi raggi di luce, riflessioni inattese. È un libro che svolge la funzione di piccola bussola: ci guida nel cammino e ci rincuora. L'esperienza degli autori -che citiamo seguendo l'indice: C. Artoni Schlesinger, E. Ceccarelli, D. Hindle, F. Buranelli, P. Gatti, L. Luzzatto, D. Flynn-, trasmessa attraverso il racconto dei vissuti di alcuni giovani pazienti, non rimane immobile sulla carta, diventa immediatamente operativa. Il lettore si accorge, procedendo nella lettura, di aver fatto un po' d'ordine nella memoria e di poter ripensare, con nuova consapevolezza, alla propria storia personale. Un libro che funge da mini terapia, per i genitori che hanno già alle spalle un percorso adottivo problematico, e da piccolo manuale per i neo genitori, aiutandoli a "costruire una storia comune" con i propri figli.

Eccovi l'indice.
Presentazione (F. Buranelli, P. Gatti, E. Quagliata)
1. Perché l'adozione. Un approccio integrato tra aspetti psicoanalitici e giuridici (C. Artoni Schlesinger, E. Ceccarelli)
2. L'adozione dal punto di vista del bambino: aspetti emotivi ed evolutivi (D. Hindle)
3. Ricostruzione e costruzione dei legami familiari attraverso il percorso delle terapie parallele genitori-figli (F. Buranelli, P. Gatti)
4. Adozione, abuso e trauma (L. Luzzatto)
5. Il padre adottivo (D. Flynn)
Glossario (C. Mezzalama)
Bibliografia
Gli autori

Il testo è facilmente reperibile on line: info@booxshop.it
(In Svizzera, purtroppo, i costi di spedizione sono elevati: suggeriamo di ordinarlo in libreria)


venerdì 28 gennaio 2011

AD ALTA VOCE

La recensione di un articolo della prof.ssa Rosa Rosnati “Adozioni internazionali: quei figli venuti da lontano”- apparso in “Newsletter n° 73 del 18/01/2011 “di Famiglie per l’accoglienza- ci offre lo spunto per alcune riflessioni sulla formazione delle coppie in attesa di adozione. Molto bella ed efficace l’immagine usata dall’autrice per descrivere il legame adottivo: un innesto operato su una pianta madre, “così da congiungere ciò che è separato e che è per sua natura differente affinché questo scambio sia reciprocamente arricchente e possa essere pienamente generativo”.

La situazione italiana descritta dall’autrice sembra essere molto rassicurante: buona la preparazione di base, il grado di consapevolezza dei problemi che si dovranno affrontare, l’investimento dei neogenitori nell’educazione e nel sostegno dei figli e, non ultima, la disponibilità delle famiglie al confronto attraverso un lavoro di rete. È indubbio che in molti comuni italiani questo avvenga, purtroppo la nostra esperienza ci insegna che accanto ad alcune isole felici convivono situazioni del tutto opposte.
Per quanto riguarda la nostra realtà sappiamo che, mentre il disbrigo di tutte le procedure burocratiche in vista dell’adozione è snello e veloce -soprattutto se confrontato con la situazione italiana-, l’anello debole resta la preparazione delle famiglie e, in primis, degli operatori sociali. A nostro avviso sarebbe auspicabile una preparazione di base in grado di affrontare in modo incisivo le più importanti tematiche dell’adozione: il trauma dell'abbandono, le fragilità insite nel nuovo legame affettivo, la mancanza di autostima, l’estraneità vissuta all’interno della famiglia, i comportamenti di adattamento al trauma subito, la violenza contro sé e gli altri, il disorientamento dei genitori, ecc... Questi sono, per altro, solo alcuni dei temi da conoscere e sui quali confrontarsi tra famiglie, coadiuvati, al bisogno, da una figura professionale capace.
Le numerose situazioni di disagio, più o meno grave, in cui vivono molte famiglie adottive (la nostra è forzatamente una conoscenza parziale a causa dell’eccessivo pudore di molte famiglie a rendere pubblico il loro dolore) ci permette di segnalare quanto sia scarsa, ancora oggi, la consapevolezza dei problemi legati alla costruzione di un saldo legame di appartenenza con i propri figli adottivi.

Da dove partire
Viviamo in una società che enfatizza la scelta adottiva (“come siete bravi…”) e pone l’accento quasi esclusivamente sulla gioia del bambino (“come sei fortunato…”). È un grande abbaglio considerare l’adozione un punto d’arrivo, la soluzione di tutti i problemi: della coppia che vuole diventare una famiglia e del bambino che cerca nuove figure di riferimento. Se le cose stanno così, è facile capire che una famiglia con gravi problemi (e che problemi!) verrà facilmente giudicata inadeguata, incapace ad assolvere il proprio ruolo (“siete troppo rigidi.”, oppure, “siete troppo permissivi”, “non mettetela giù dura: i vostri sono i problemi di tutti i genitori!”). Ancor più grave l’atteggiamento nei confronti dei figli adottivi ribelli, facilmente etichettati come “ingrati” o “irriconoscenti”, incapaci di apprezzare la fortuna di essere stati accolti in una famiglia e in una società che ha offerto loro una seconda occasione (“Invece di contestare i tuoi genitori dovresti amarli di più”). La sola ricetta, offerta in tutte le salse, rimane solo e unicamente l’amore. “Con l’amore risolverete tutto!”.

L’amore è fondamentale ma da solo non basta, occorre la consapevolezza e la conoscenza dei problemi che si dovranno affrontare, primo tra tutti costruire un legame di appartenenza con dei bambini/ragazzi traumatizzati dalla rottura del primo e più importante legame: quello con la mamma naturale.
I figli adottati sono figli traumatizzati. Entrare in relazione con una persona traumatizzata non è facile soprattutto se lo si fa da ignoranti, nel senso letterale del termine: ignorando le modalità di approccio e le dinamiche comportamentali…
Non si capisce bene perché -parafrasiamo le parole di Nancy Newton Verrier, “Coming Home to Self.The Adopted Child Grows Up”- tutti sono disposti a riconoscere il perdurare negli anni degli effetti traumatici di un bombardamento aereo o di un incidente o di una violenza e, al tempo stesso, sono convinti che il trauma dell’abbandono si risolva per magia trovando al bambino una nuova famiglia accogliente. La perdita della madre è la perdita più grave che egli ha patito; è un’esperienza estrema, devastante. Il venir meno della sua figura di riferimento (la madre), lo getta in uno stato di profonda angoscia, paura, terrore. Gli viene meno la figura in cui rispecchiarsi, colei che è in grado di sedare le sue ansie, di placare le sue emozioni, di trasmettere sicurezza e autostima. Quante volte abbiamo sentito dire :”se prendi un bambino piccolo non si ricorderà certo della sua mamma!” Non è vero che i bambini molto piccoli non hanno ricordi: non essere in grado di verbalizzare non vuol dire non avere ricordi. Questi sono ben presenti nella memoria implicita e influenzano la loro vita di bambini, ragazzi e adulti, soprattutto nelle relazioni interpersonali: con i genitori, con i compagni, con gli insegnanti, con l’innamorata…con il datore di lavoro.

Di questo passato si possono avere ricordi (storie da raccontare e condividere) oppure grandi amnesie, una specie di buco nero: "un fuoco che può esplodere all'improvviso e divorarti". L’espressione virgolettata é quella usata da una mamma adottiva in occasione di un incontro pubblico in Ticino.
Io penso spesso per immagini” -ci racconta Fausta nostra portavoce nella puntata di “Storie” del 16 gennaio scorso- “. L’immagine che ho del bambino che entra nella nuova famiglia è quella legata ai miei figli, allegri e baldanzosi, con una grande valigia invisibile al seguito. Dentro c’è tutto il loro mondo: l’esperienza di 1000 e 1000 giorni + i 9 mesi trascorsi nella pancia della mamma. Nessuno di noi si accorge della valigia che subito viene riposta sotto il letto. Ogni tanto viene socchiusa…qualche sbirciatina, ma tutto finisce lì. Fino a quando, all’improvviso uno dei due decide di aprirla e, dopo aver scaraventato tutto per terra, inizia a farne l’inventario”. Attenti all’onda d’urto: è l’adolescenza.

Al di là di quelli che possono essere i ricordi personali, le singole esperienze (ogni ragazzo è sempre un caso a sé, come ci insegna la dott.ssa Artoni), ciò che li rende uguali è la sensazione di non appartenere a nessuno, di essere dei migranti. “Chi non ha passato non ha futuro” ci ricorda l’amica di Salete nel documentario televisivo (“Nata a 7 anni”).
http://la1.rsi.ch/home/networks/la1/cultura/Storie/2011/01/17/manini.html?selectedVideo=2#Video
Rivoltati come un calzino
Adottare un bambino ha cambiato a tutti noi la vita, ne siamo usciti rivoltati come un calzino: è un’esperienza esaltante, ma, va detto subito, molto ma molto difficile. Non vogliamo scoraggiare l’adozione, vogliamo solo dire che trasforma, arricchisce, permette di capire meglio se stessi. È un percorso che dura tutta la vita e che parte dall’elaborazione di tre grandi lutti: la perdita della madre, la sterilità, la perdita del figlio.
Parlare di adozione vuol dire affrontare i problemi del bambino, della famiglia adottiva e della madre naturale, che la società spesso etichetta come “indegna”, senza mai chiedersi cosa avrebbe dovuto fare per lei per sostenerla, permetterle di crescere i propri figli. La madre naturale resta un fantasma, ma è con lei che i nostri figli si dovranno riconciliare ed è giusto che possano contare sul nostro aiuto e sostengo.

L’adolescenza
La voglia di autonomia riattiva i vissuti dell’abbandono: dal buco nero emergono all’improvviso, sollecitati talvolta da immagini televisive, film, libri, discorsi con amici, nuove esperienze, i fantasmi del passato, che fluttuano sotto forma di immagini dissociate, di emozioni. Un grande caos che fa paura e da cui si viene risucchiati: un vero e proprio incubo. La forza è dirompente perché i ragazzi rivivono sulla loro pelle il trauma dell’abbandono come se si verificasse in quel preciso momento. Non avendo avuto un’esperienza pre-traumatica non possono sapere come si vive senza questa angoscia. Le credenze errate “se mia madre mi ha abbandonato ci deve essere qualcosa di tremendo in me”: offrono nuove giustificazioni ai comportamenti antisociali, che aprono la strada alla fuga da casa e alla ricerca di esperienze forti, estreme, le sole che fanno sentire vivi.

La ricerca della nuova identità, comune a tutti i ragazzi, è resa ancora più difficile dal fatto che il legame di attaccamento con i nostri figli non è ancora sufficientemente solido ed essi non hanno ancora interiorizzato i nostri schemi comportamentali e i nostri valori. È per loro un momento di grande caos. Si trovano a dover fare i conti con il loro abbandono senza gli strumenti adatti. È un periodo durissimo. Sono le madri in particolare ad essere messe in difficoltà. Per le nostre figlie femmine costituiamo -parafrasiamo ancora Newton Verrier- “una grave minaccia”: così diverse da loro, “così amate, odiate, criticate, ignorate”. Le nostre figlie vogliono relazionarsi con noi da una posizione di forza, e lo fanno mostrando collera e ostilità, invece di affetto e collaborazione. Noi vorremmo mollare un po’ le briglie ed assumerci il rischio di offrire loro una maggiore autonomia, ma queste reazioni ci spiazzano: non vogliono essere controllate ma non sono in grado di controllarsi, o meglio di lasciarsi controllare dalla loro parte adulta e cresce la voglia di trasgressione, di buttarsi via. Se noi molliamo, confermiamo la potenza della loro carica distruttiva e aumentiamo la loro paura. In questo modo si radicalizzano le convinzioni errate (”Se sono stata abbandonata c’è qualcosa di terribile in me”) che producono false certezze (“sono indegna d’amore, sono senza meriti”) che compromettono le relazioni interpersonali.

Spesso i nostri ragazzi hanno bisogno di un aiuto per dare un nome alle loro emozioni e per capire le conseguenze che le loro azioni hanno sugli altri. Il fatto di non essere riusciti da bimbi, con le loro urla e con i loro pianti disperati, a far riapparire la mamma, li ha convinti di non avere nessun effetto sugli altri, di essere invisibili.

Sarebbe estremamente utile che i genitori adottivi venissero seguiti anche nella fase post adottiva e venissero informati di tutti questi problemi È importante il lavoro di prevenzione; non bisogna pensare che si possa intervenire, altrettanto efficacemente, quando i problemi sono già esplosi. “Parlo di esplosione -dice un genitore adottivo- perché in alcuni ragazzi avviene proprio questo: quando la rabbia compressa esplode, c’è una vera e propria deflagrazione. Il nostro compito è reggere l’onda d’urto. Resistere.”. (Marco Mastella, Sognare e crescere il figlio di un’altra donna”)

La condivisione aiuta a placare l’ansia, a ritrovare l’equilibrio. In questo modo siamo di aiuto non solo a noi, ma anche ai nostri figli (se stiamo bene noi, stanno bene loro e soprattutto imparano da noi a non aver paura a chiedere aiuto). Condividere le esperienze facilita la comprensione dei problemi e aiuta a capire i comportamenti dei nostri figli. Ogni ragazzo elabora risposte diverse: c’è chi ostenta spavalderia, onnipotenza; c’è chi appare apatico, spento, disposto a sopportare tutto, a non reagire. In comune hanno una visione ostile del mondo, frutto delle loro prime esperienze e non avendo ricordi felici del passato non sanno che è possibile vivere senza le loro angosce e paure.

È importante tenere presente sempre che anche nelle situazioni più gravi, più difficili, in cui i figli scelgono comportamenti devianti, asociali o violenti, i nostri figli ci amano -questo l’abbiamo imparato tristemente dalle nostre esperienze-. Quello che si è improvvisamente rotto, o forse non è mai stato completato, è il legame di appartenenza alla famiglia e in quel momento il sentirsi altro, il non vedersi rispecchiato negli occhi del genitore, ha il sopravvento.

È vero, non è facile capire. Ma molte loro prese di posizione diventano comprensibili se interpretate come risposta al trauma subito. Alcuni loro comportamenti ci sembrano anormali, ad esempio mandare a monte un progetto proprio quando si sta per realizzare (con tutte le conseguenze del caso, giudizi morali inclusi: “sono degli scansafatiche, degli irriconoscenti, se solo volessero!”), ma sono la sola risposta che conoscono. Non stimandosi sono convinti di poter raccogliere solo fallimenti: “ preferiscono fallire e riprendere la solita vita di merda, che affrontare cose che non conosco”, dice alla mamma adottiva un ragazzo apparentemente sicuro di sé. Il terrore del cambiamento immobilizza l’azione, vanifica ogni progetto e conferma nel ragazzo l’errata convinzione che ogni cambiamento, e dunque anche la possibile felicità, porti con sé un male maggiore. “Non sono i loro comportamenti ad essere anormali , è anormale la loro esperienza di figli feriti” (Nancy Newton Verrier, op. cit).
È una ferita che ha effetti anche nel corpo e si manifesta con disturbi, talvolta cronici, in molti dei nostri figli: tachicardia, pressione alta, sonno disturbato, irritabilità, problemi gastro-intestinali e altro ancora.

La dimensione sociale della genitorialità
“L’adozione, scrive la Rosnati, manifesta in modo evidente la dimensione sociale della genitorialità e si fonda sulla profonda e reciproca connessione tra famiglia e sociale: essa nasce proprio come risposta del sociale nei confronti dell’infanzia abbandonata. I genitori nell’adozione svolgono un compito che è a maggior ragione socialmente rilevante: garantire a un minore che ne è privo un contesto di crescita adeguato. Da qui scaturisce anche la responsabilità che il sociale è chiamato ad assumere nel sostenere le famiglie attraverso le diverse tappe del percorso adottivo”(...) L’adozione “è una sfida cui si può fare fronte nella misura in cui la famiglia è capace di aprirsi all’esterno, costruire legami e tessere, una rete che possa sostenerla negli inevitabili momenti di difficoltà e il sociale (enti autorizzati, associazioni familiari, scuola, servizi del pubblico e del privato sociale) è in grado di offrire quegli interventi che consentono di attingere pienamente e di mettere a frutto tutte le numerose e preziose risorse (individuali, relazionali e sociali) di cui, come abbiamo visto, le famiglie dispongono”.

Di nostro aggiungiamo il bellissimo proverbio africano: ”Per crescere un figlio ci vuole un villaggio". Sta a noi, innanzitutto, sentirci parte del villaggio attraverso la costruzione di una rete di rapporti sociali basati sulla fiducia e sulla cooperazione. Vuol dire essere meno autosufficienti e più disposti ad imparare dagli altri. Vuol dire far emergere una nuova idea dell’adozione che entri nelle scuole, negli uffici, nelle fabbriche, nei centri ricreativi e in quei luoghi, tristemente noti, dove alcuni dei nostri ragazzi, i più feriti, stanno pagando i loro debiti.

giovedì 13 gennaio 2011

"Nata a 7 anni" di Stefano Ferrari, domenica 16 gennaio su LA 1 della RSI alle 20.45

“ Salve, mi chiamo Salete e ho quasi 27 anni. All'età di 7 sono stata adottata dal Brasile dove sono cresciuta in un orfanotrofio. Non ho tante foto, ma conservo vari ricordi e non tutti sono positivi. Vi scrivo perché non riuscirò a darmi pace finché non tornerò nel posto e finché non riuscirò ad avere chiarimenti … “.
Così scriveva Salete, nell’estate del 2009 , alla redazione di "Storie". Poche ma toccanti parole che racchiudevano in sé tutto il desiderio, il bisogno di andare alla ricerca del proprio passato, delle proprie radici. Il regista Stefano Ferrari è dunque partito in Brasile con Salete per far luce sui suoi primi 7 anni della sua vita. Un viaggio appassionante, complesso sia dal punto di vista emozionale sia da quello delle indagini, perché come talvolta accade dietro ad un’ adozione possono anche nascondersi tante zone d’ombra.
Nello studio di “Storie” con Maurizio Canetta, Fausta Manini, una madre che con altri genitori adottivi ha dato vita a “Spazioadozione”, un gruppo di riflessione per affrontare i problemi dell’adozione.
http://la1.rsi.ch/home/networks/la1/cultura/Storie/2011/01/17/manini.html?selectedVideo=2#Video