venerdì 26 aprile 2013

David Taransaud, Fantasie di onnipotenza e Sé feriti. Come entrare in sintonia, empatizzare e lavorare con la rabbia degli adolescenti

Proponiamo una sintesi dell’incontro con David Taransaud[1] , organizzato dal CTA (Centro di Terapia dell’Adolescenza) di Milano lo scorso 16 marzo. Il testo è di una nostra mamma  e a lei vanno i nostri ringraziamenti. 
Un ulteriore contributo: "Lavorare su noi stessi" è disponibile sul nostro sito http://www.spazioadozione.org/ alla voce "Testimonianze".

TU PENSI CHE IO SIA CATTIVO
Per i ragazzi traumatizzati il comportamento è una forma di comunicazione ben più incisiva delle parole. Per interagire con loro e aiutarli, occorre far capire che non vogliamo cambiarli, solo conoscerli meglio.
Utilizzando la loro cultura possiamo riuscire a stabilire un contatto. Non ci sono regole fisse, solo indicazioni. E’ importante essere spontanei, creativi e fidarci del nostro istinto.

Quello che non ti uccide..ti fortifica
La cultura del supereroe ci può aiutare a entrare nel mondo interno dell’adolescente problematico. Tutti i ragazzi, quando non si sentono al sicuro o avvertono la propria impotenza, desiderano avere dei superpoteri Non è un caso se durante la seconda guerra mondiale le vendite dei fumetti dei supereroi (Superman è stato creato da due ragazzi ebrei) registrarono un forte incremento. Al termine del conflitto, la vendita iniziò a calare per poi ritornare a salire dopo l’11 settembre. Quando la realtà delude, ci si rifugia nella fantasia; ma può essere pericoloso perché si rischia di disconnettersi dal mondo reale. I bambini che hanno sofferto molto, rifugiandosi in un mondo di fantasia, rischiano di non essere più in grado di ritornare con i piedi per terra: vedono il mondo in modo differente da noi e per aiutarli  siamo noi a dover entrare nel loro mondo.
Proviamo a immaginare di vivere senza mai fidarci di nessuno: ci sentiremmo davvero molto soli. Questo è quanto provano gli adolescenti traumatizzati.
Quando un bambino sopravvive senza amore e cure, seppellisce il proprio bisogno di amore e accudimento e si rifugia in un Sé onnipotente.  Nasconde la parte bisognosa, ferita, e si affida a qualcosa di molto freddo, rigido che gli permette di sopravvivere. Qualcosa che appena vediamo ci fa subito allontanare. Questo serve a proteggere la parte vera, bisognosa.
Con il tempo, il bisogno degli altri diventa qualcosa di cui vergognarsi e l’autosufficienza diventa la nuova sfida. Occorre essere sempre vigili, attenti perché il pericolo può arrivare da ogni parte e non ci si può permettere di essere vulnerabili.

IL KIT DI SOPRAVVIVENZA DELL’ADOLESCENTE FERITO
Gli adolescenti aggressivi sono come i supereroi cattivi: nascondono le loro emozioni dietro ad una maschera che non si tolgono mai.
L’elemento comune a tutti i supereroi è il trauma subito da bambini. Certi diventano supereroi buoni, altri cattivi. Perché? Se durante la sofferenza c'è stato qualcuno accanto a loro, che con il suo calore e amore li ha aiutati a uscire dal loro mondo di fantasia, diventano buoni; gli altri, privati di qualsiasi aiuto, si sono rifugiati in un mondo irreale e lì sono rimasti. E’ quanto succede agli adolescenti antisociali: non hanno avuto nessuno al loro fianco ed hanno imparato ad essere autosufficienti, a contare solo su se stessi.
Spesso questi adolescenti ci appaiono, a causa della loro aggressività, come dei mostri. Se la società decide di vederli così, automaticamente anche loro si vedono in questo modo. Così facendo non riusciamo a cogliere la sofferenza che hanno dentro.
Ma anche dai mostri si può imparare molto.
Immaginiamoci un bambino di 4-5 anni che vive con dei mostri che dovrebbero prendersi cura di lui; Ha due possibilità: o scappa o combatte. Per un piccolo bambino scappare è impossibile. Per andare dove? Chi si occuperà di lui in mezzo alla strada? Combattere è altrettanto impossibile: lui è piccolo e loro sono dei mostri. L’unica soluzione è fingersi morto. Le emozioni sono morte.
La paura provoca l’energia necessaria per fuggire o combattere. Ma se non sei in grado di fare una delle due cose,  la paura ti resta dentro e si traduce in senso d’impotenza (energia necessaria per scappare) e rabbia (energia necessaria per combattere). Queste emozioni, se riattivate, si libereranno in tutta la loro forza distruttiva.
I ragazzi abusati s’identificano spesso in ciò che non riescono a distruggere.
I mostri sono spesso rappresentati con caratteristiche fisiche umane e animali. Ma ciò che prevale in loro è sempre la parte animale. Ecco perché per entrare in contato con un adolescente aggressivo dobbiamo entrare prima in contatto con la sua parte animale. Se si comportano da animali, è perché vogliono farci capire che loro sono stati trattati da animali.

COME RELAZIONARCI CON LORO
Dobbiamo far loro capire che ci interessa conoscerli. Di fronte alla loro aggressività dobbiamo restare calmi, in caso contrario confermiamo l’uso dell’aggressività nelle situazioni di impotenza.
Il primo contatto deve avvenire con il loro Sé onnipotente e questo ci fa sentire impotenti.
Davanti a questa sensazione spiacevole possiamo reagire in diversi modi:
·         Il gendarme: ordina, punisce e ha un atteggiamento aggressivo e dominante.
 Ma cosi rafforziamo la sua convinzione che il mondo è popolato da persone crudeli e che per sopravvivere è necessario il potere e il controllo;
·         l’indifferente: smette di ascoltare e riduce le cure al minimo.
Così facendo, l’adolescente ci vede come insensibili ai suoi bisogni e concentrati solo su noi stessi. Si convince che è meglio tenere nascosto il suo Sé ferito, che resta per lui fonte di vergogna;
·         Il vinto: si sottomette alle richieste dell’adolescente.
In questo modo ci mostriamo troppo fragili per affrontare le sue fantasie di onnipotenza e confermiamo la sua credenza che nessuno sia in grado di aiutarlo ad affrontare il suo caos interiore;
·         Il salvatore: presta attenzione con parole di supporto, offre consigli, aiuto e soluzioni.
L’adolescente ci vede come una figura autoritaria, forte e potente e ciò rinforza il suo senso d’impotenza e conferma la sua strategia di sopravvivenza attraverso il suo Sé onnipotente.
In tutti questi modi non promuoviamo la fiducia, la crescita e la creatività e consolidiamo il ruolo del suo Sé onnipotente, creando un divario maggiore con quello ferito. I conflitti tra l’adolescente e gli altri peggiorano.

Approcci giusti:
·         Scegliere di credere che il loro comportamento è una forma di comunicazione. Questo automaticamente si riflette sul nostro operato: come lo guardiamo, cosa diciamo e come ci muoviamo.
L’adolescente si sentirà ascoltato e questo ci aiuterà a entrare in contatto con lui.
·         L’adolescente ha attivato in noi il suo (ora nostro) “Sé ferito” e questo ci fa star male. Se siamo coscienti di questo, possiamo riconnetterci e continuare a concentrarci sul ragazzo.
Per arrivare a ciò dobbiamo lavorare prima su noi stessi con l’aiuto di qualcuno di cui ci fidiamo.
Dobbiamo dare empatia a noi stessi, alla nostra parte ferita.
Così saremo forti a sufficienza per reagire ai suoi attacchi aggressivi e gli dimostreremo che si può essere, allo stesso tempo, deboli e forti. Se riusciremo a trasmettergli ciò, gli daremo speranza e sarà l’inizio della sua salvezza.

LAVORARE SU NOI STESSI.
Per il lavoro su noi stessi dobbiamo essere coscienti che vi sono tre tipi di adulti.
·         Quelli che ricordano la loro infanzia e adolescenza. Ricordano come si sono sentiti ed hanno empatia per il loro Sé ferito.
Questi adulti (purtroppo sono una minoranza) sanno sempre cosa fare quando sono di fronte agli adolescenti aggressivi.
·         Quelli che hanno dimenticato molti aspetti della loro infanzia e adolescenza.
L’adolescente aggressivo ha attivato in loro dei sentimenti che pensavano di avere dimenticato e questo li fa stare male. Ma se prendono coscienza di questo e ci lavorano, potranno crescere emotivamente. Questi sono la maggioranza degli adulti.
·         Quelli che hanno dimenticato di avere dimenticato.
Sono gli adulti che reagiscono con aggressività e che non capiscono l’adolescente traumatizzato.
Anche per essi è necessario entrare in contatto con le loro parti dolorose dell’infanzia e dell’adolescenza e provare empatia per esse.
L’importante è essere autentici e dobbiamo essere coscienti che di fronte ad un adolescente aggressivo non è sempre facile. Bisogna parlargli di ciò che ci fanno provare, dei nostri sentimenti e per farlo dobbiamo prima conoscerci.
Il ragazzo ci farà provare gli stessi sentimenti che prova lui. E’ importante non attaccarlo o giudicarlo, ma usare empatia. Entrare nei suoi panni, nel suo dolore, ma sapere ciò che noi siamo (vulnerabili e forti assieme). Aiutarlo a esplorare i suoi sentimenti attraverso i nostri. Raccontandogli ciò che ci fa provare con il suo atteggiamento, gli diamo la possibilità di arrivare al suo Io ferito.
Quando sono aggressivi o ci urlano addosso è solo per dirci: “Sii autentico, ti do la possibilità di essere in contatto con me!”.
Il modo in cui decidiamo di interpretare il suo atteggiamento avrà un impatto sul nostro comportamento.
Dobbiamo sempre ricordarci che per un ragazzo traumatizzato l’amore fa male. Riaccende ricordi dolorosi. Tramite l’aggressività può tenerci lontano e proteggere la sua parte ferita.


NEGOZAZIONE DELL’OSTAGGIO
Creare un contatto tra il Sé onnipotente e il Sé vulnerabile.
Se proviamo a entrare in contatto con la parte vulnerabile, ci sarà una reazione aggressiva.
E’ come se la parte onnipotente avesse rapito quella vulnerabile e ogni volta che cerchiamo di avvicinarci all’ostaggio, il rapitore reagisce.
Nella vita reale si farebbe intervenire un negoziatore e noi dobbiamo essere proprio questa figura.

Cercando un contatto con il rapitore (Sé onnipotente) si arriva all’ostaggio (Sé ferito).
Modi per relazionarci con la parte onnipotente:

P                                            A                                            C                                            E
Gioco (Play)                       accettazione                     curiosità                              empatia

E’ utile vedere gli adolescenti come dei bambini piccoli. Di fronte ai loro capricci siamo solitamente comprensivi, empatici ed è ciò che dobbiamo fare anche con i ragazzi aggressivi.
Mantenere i canali di comunicazione sempre aperti. Avere un dialogo creativo.
E’ davvero fondamentale fare capire che siamo INTERESSATI a loro. Un modo concreto per dimostrare ciò è accoglierli evitando di domandargli “Come stai?”, ma piuttosto “Mi fai vedere come ti senti?”.
E’ molto più facile, con questo accorgimento, ottenere da parte loro una risposta autentica. Saranno loro a trovare il modo (canzono, disegni,...) per farcelo vedere.
Anche attraverso le metafore, il ragazzo ci farà capire come si à sentito nel passato.
Con le attività artistiche si aggirano le parole che a volte possono essere ingannevoli. Ad esempio la rabbia può avere molte espressioni, ma con la loro rappresentazione si capisce meglio cosa vogliono dirci.
Più riusciamo a fare interagire la parte onnipotente con la parte ferita, più il ragazzo guarisce.
Possiamo usare, come strumento operativo, delle scatole: ci assomigliano perché, come noi, hanno un dentro e un fuori; e dentro di noi, nascoste dalla vista altrui, tutti noi teniamo le cose (sentimenti, segreti, emozioni, ecc.) che vogliamo proteggere.
Gli diamo una scatola e gli diciamo che può farne ciò che vuole. Poi osserviamo come la decora, cosa ci mette all’interno. Parlando della parte esterna si riesce ad arrivare al contenuto della scatola. Ciò che conterrà sarà quello che vuole proteggere.
L’esempio delle scatole è riconducibile al cosiddetto “fenomeno del mondo rotondo”: se si continua a volare verso nord automaticamente si arriva ad un certo punto a sud. Se si parla al Sé onnipotente, automaticamente si arriva al Sé ferito.

In conclusione tutti noi vorremmo essere dei supereroi dotati di superpoteri, ma la realtà è diversa.
Non dimentichiamoci, però, che per essere noi stessi, per essere spontanei, noi dobbiamo già essere dei supereroi.



[1] David Taransaud è consigliere psicoterapeutico (psychotherapeutic counsellor) per adolescenti; autore, presentatore e tutor in Arteterapia ed educazione. Ha maturato una lunga esperienza lavorando nei quartieri più poveri di Londra, a contatto con ragazzi adolescenti e giovani etichettati come asociali, a causa dei gravi traumi subiti nella prima infanzia.
Recentemente ha soggiornato nel nord dell’Uganda dove ha ideato e organizzato un servizio di Arteterapia presso un orfanotrofio per ex bambini soldato e giovani vittime di conflitti e traumi. Ha inoltre realizzato un film che può essere visto su You Tube: http://www.youtube.com/watch?v=_AmdJNE2XLA (Video title: Kitgum's Orphans - Invisible Wounds).

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