Un ulteriore contributo: "Lavorare su noi stessi" è disponibile sul nostro sito http://www.spazioadozione.org/ alla voce "Testimonianze".
TU PENSI CHE IO SIA CATTIVO
Per i ragazzi
traumatizzati il comportamento è una forma di comunicazione ben più incisiva
delle parole. Per interagire con loro e aiutarli, occorre far capire che non
vogliamo cambiarli, solo conoscerli meglio.
Utilizzando la loro cultura possiamo riuscire a stabilire
un contatto. Non ci sono regole fisse, solo indicazioni. E’ importante essere
spontanei, creativi e fidarci del nostro istinto.
Quello che non ti
uccide..ti fortifica
La cultura del supereroe ci può aiutare a entrare nel mondo interno
dell’adolescente problematico. Tutti i ragazzi, quando non si sentono al sicuro
o avvertono la propria impotenza, desiderano avere dei superpoteri Non è un
caso se durante la seconda guerra mondiale le vendite dei fumetti dei supereroi
(Superman è stato creato da due ragazzi ebrei) registrarono un forte incremento.
Al termine del conflitto, la vendita iniziò a calare per poi ritornare a salire
dopo l’11 settembre. Quando la realtà delude, ci si rifugia nella fantasia; ma
può essere pericoloso perché si rischia di disconnettersi dal mondo reale. I
bambini che hanno sofferto molto, rifugiandosi in un mondo di fantasia,
rischiano di non essere più in grado di ritornare con i piedi per terra: vedono
il mondo in modo differente da noi e per aiutarli siamo noi a dover entrare nel loro
mondo.
Proviamo a immaginare di
vivere senza mai fidarci di nessuno: ci sentiremmo davvero molto soli. Questo è
quanto provano gli adolescenti traumatizzati.
Quando un bambino
sopravvive senza amore e cure, seppellisce il proprio bisogno di amore e accudimento
e si rifugia in un Sé onnipotente.
Nasconde la parte bisognosa, ferita, e si affida a qualcosa di molto freddo,
rigido che gli permette di sopravvivere. Qualcosa che appena vediamo ci fa
subito allontanare. Questo serve a proteggere la parte vera, bisognosa.
Con il tempo, il bisogno
degli altri diventa qualcosa di cui vergognarsi e l’autosufficienza diventa la
nuova sfida. Occorre essere sempre vigili, attenti perché il pericolo può
arrivare da ogni parte e non ci si può permettere di essere vulnerabili.
IL KIT DI SOPRAVVIVENZA
DELL’ADOLESCENTE FERITO
Gli adolescenti
aggressivi sono come i supereroi cattivi:
nascondono le loro emozioni dietro ad una maschera che non si tolgono mai.
L’elemento comune a tutti
i supereroi è il trauma subito da bambini.
Certi diventano supereroi buoni, altri cattivi. Perché? Se durante la
sofferenza c'è stato qualcuno accanto a loro, che con il suo calore e amore li
ha aiutati a uscire dal loro mondo di fantasia, diventano buoni; gli altri,
privati di qualsiasi aiuto, si sono rifugiati in un mondo irreale e lì sono
rimasti. E’ quanto succede agli adolescenti antisociali: non hanno avuto
nessuno al loro fianco ed hanno imparato ad essere autosufficienti, a contare
solo su se stessi.
Spesso questi adolescenti
ci appaiono, a causa della loro aggressività, come dei mostri. Se la società
decide di vederli così, automaticamente anche loro si vedono in questo modo.
Così facendo non riusciamo a cogliere la sofferenza che hanno dentro.
Ma anche dai mostri si
può imparare molto.
Immaginiamoci un bambino
di 4-5 anni che vive con dei mostri che dovrebbero prendersi cura di lui; Ha
due possibilità: o scappa o combatte. Per un piccolo bambino scappare è
impossibile. Per andare dove? Chi si occuperà di lui in mezzo alla strada?
Combattere è altrettanto impossibile: lui è piccolo e loro sono dei mostri. L’unica
soluzione è fingersi morto. Le emozioni sono morte.
La paura provoca l’energia
necessaria per fuggire o combattere. Ma se non sei in grado di fare una delle
due cose, la paura ti resta dentro e si
traduce in senso d’impotenza (energia necessaria per scappare) e rabbia
(energia necessaria per combattere). Queste emozioni, se riattivate, si
libereranno in tutta la loro forza distruttiva.
I ragazzi abusati
s’identificano spesso in ciò che non riescono a distruggere.
I mostri sono spesso
rappresentati con caratteristiche fisiche umane e animali. Ma ciò che prevale
in loro è sempre la parte animale. Ecco perché per entrare in contato con un
adolescente aggressivo dobbiamo entrare prima in contatto con la sua parte
animale. Se si comportano da animali, è perché vogliono farci capire che
loro sono stati trattati da animali.
COME RELAZIONARCI CON
LORO
Dobbiamo far loro capire che
ci interessa conoscerli. Di fronte alla loro aggressività dobbiamo restare
calmi, in caso contrario confermiamo l’uso dell’aggressività nelle
situazioni di impotenza.
Il primo contatto deve
avvenire con il loro Sé onnipotente e questo ci fa sentire impotenti.
Davanti a questa
sensazione spiacevole possiamo reagire in diversi modi:
·
Il gendarme: ordina, punisce e ha un atteggiamento aggressivo e
dominante.
Ma cosi rafforziamo la sua convinzione che il
mondo è popolato da persone crudeli e che per sopravvivere è necessario il
potere e il controllo;
·
l’indifferente: smette di ascoltare e riduce le cure al minimo.
Così facendo, l’adolescente
ci vede come insensibili ai suoi bisogni e concentrati solo su noi stessi. Si
convince che è meglio tenere nascosto il suo Sé ferito, che resta per lui fonte
di vergogna;
·
Il vinto: si sottomette alle richieste dell’adolescente.
In questo modo ci
mostriamo troppo fragili per affrontare le sue fantasie di onnipotenza e
confermiamo la sua credenza che nessuno sia in grado di aiutarlo ad affrontare
il suo caos interiore;
·
Il salvatore: presta attenzione con parole di supporto, offre
consigli, aiuto e soluzioni.
L’adolescente ci vede
come una figura autoritaria, forte e potente e ciò rinforza il suo senso
d’impotenza e conferma la sua strategia di sopravvivenza attraverso il suo Sé
onnipotente.
In tutti questi modi non
promuoviamo la fiducia, la crescita e la creatività e consolidiamo il ruolo del
suo Sé onnipotente, creando un divario maggiore con quello ferito. I conflitti
tra l’adolescente e gli altri peggiorano.
Approcci giusti:
·
Scegliere di credere che
il loro comportamento è una forma di comunicazione. Questo automaticamente si
riflette sul nostro operato: come lo guardiamo, cosa diciamo e come ci
muoviamo.
L’adolescente si sentirà
ascoltato e questo ci aiuterà a entrare in contatto con lui.
·
L’adolescente ha attivato
in noi il suo (ora nostro) “Sé ferito” e questo ci fa star male. Se siamo coscienti
di questo, possiamo riconnetterci e continuare a concentrarci sul ragazzo.
Per arrivare a ciò
dobbiamo lavorare prima su noi stessi con l’aiuto di qualcuno di cui ci
fidiamo.
Dobbiamo dare empatia a
noi stessi, alla nostra parte ferita.
Così saremo forti a
sufficienza per reagire ai suoi attacchi aggressivi e gli dimostreremo che si
può essere, allo stesso tempo, deboli e forti. Se riusciremo a
trasmettergli ciò, gli daremo speranza e sarà l’inizio della sua
salvezza.
LAVORARE SU NOI STESSI.
Per il lavoro su noi
stessi dobbiamo essere coscienti che vi sono tre tipi di adulti.
·
Quelli che ricordano la
loro infanzia e adolescenza. Ricordano come si sono sentiti ed hanno empatia
per il loro Sé ferito.
Questi adulti (purtroppo
sono una minoranza) sanno sempre cosa fare quando sono di fronte agli
adolescenti aggressivi.
·
Quelli che hanno
dimenticato molti aspetti della loro infanzia e adolescenza.
L’adolescente aggressivo
ha attivato in loro dei sentimenti che pensavano di avere dimenticato e questo
li fa stare male. Ma se prendono coscienza di questo e ci lavorano, potranno
crescere emotivamente. Questi sono la maggioranza degli adulti.
·
Quelli che hanno
dimenticato di avere dimenticato.
Sono gli adulti che
reagiscono con aggressività e che non capiscono l’adolescente traumatizzato.
Anche per essi è
necessario entrare in contatto con le loro parti dolorose dell’infanzia e
dell’adolescenza e provare empatia per esse.
L’importante è essere
autentici e dobbiamo essere coscienti che di fronte ad un adolescente
aggressivo non è sempre facile. Bisogna parlargli di ciò che ci fanno
provare, dei nostri sentimenti e per farlo dobbiamo prima conoscerci.
Il ragazzo ci farà
provare gli stessi sentimenti che prova lui. E’ importante non attaccarlo o
giudicarlo, ma usare empatia. Entrare nei suoi panni, nel suo dolore, ma
sapere ciò che noi siamo (vulnerabili e forti assieme). Aiutarlo a esplorare i
suoi sentimenti attraverso i nostri. Raccontandogli ciò che ci fa provare con
il suo atteggiamento, gli diamo la possibilità di arrivare al suo Io ferito.
Quando sono aggressivi o
ci urlano addosso è solo per dirci: “Sii autentico, ti do la possibilità di
essere in contatto con me!”.
Il modo in cui decidiamo
di interpretare il suo atteggiamento avrà un impatto sul nostro comportamento.
Dobbiamo sempre
ricordarci che per un ragazzo traumatizzato l’amore fa male. Riaccende
ricordi dolorosi. Tramite l’aggressività può tenerci lontano e proteggere la
sua parte ferita.
NEGOZAZIONE DELL’OSTAGGIO
Creare un contatto tra il
Sé onnipotente e il Sé vulnerabile.
Se proviamo a entrare in
contatto con la parte vulnerabile, ci sarà una reazione aggressiva.
E’ come se la parte
onnipotente avesse rapito quella vulnerabile e ogni volta che cerchiamo di
avvicinarci all’ostaggio, il rapitore reagisce.
Nella vita reale si
farebbe intervenire un negoziatore e noi dobbiamo essere proprio questa figura.
Cercando un contatto con
il rapitore (Sé onnipotente) si arriva all’ostaggio (Sé ferito).
Modi per relazionarci con
la parte onnipotente:
P A C E
Gioco (Play) accettazione curiosità empatia
E’ utile vedere gli
adolescenti come dei bambini piccoli. Di fronte ai loro capricci siamo
solitamente comprensivi, empatici ed è ciò che dobbiamo fare anche con i
ragazzi aggressivi.
Mantenere i canali di
comunicazione sempre aperti. Avere un dialogo creativo.
E’ davvero fondamentale
fare capire che siamo INTERESSATI a loro. Un modo concreto per dimostrare ciò è
accoglierli evitando di domandargli “Come stai?”, ma piuttosto “Mi fai vedere
come ti senti?”.
E’ molto più facile, con
questo accorgimento, ottenere da parte loro una risposta autentica. Saranno
loro a trovare il modo (canzono, disegni,...) per farcelo vedere.
Anche attraverso le
metafore, il ragazzo ci farà capire come si à sentito nel passato.
Con le attività
artistiche si aggirano le parole che a volte possono essere ingannevoli. Ad
esempio la rabbia può avere molte espressioni, ma con la loro rappresentazione
si capisce meglio cosa vogliono dirci.
Più riusciamo a fare
interagire la parte onnipotente con la parte ferita, più il ragazzo guarisce.
Possiamo usare, come
strumento operativo, delle scatole: ci assomigliano perché, come noi, hanno un
dentro e un fuori; e dentro di noi, nascoste dalla vista altrui, tutti noi teniamo
le cose (sentimenti, segreti, emozioni, ecc.) che vogliamo proteggere.
Gli diamo una scatola e
gli diciamo che può farne ciò che vuole. Poi osserviamo come la decora, cosa ci
mette all’interno. Parlando della parte esterna si riesce ad arrivare al
contenuto della scatola. Ciò che conterrà sarà quello che vuole proteggere.
L’esempio delle scatole è
riconducibile al cosiddetto “fenomeno del mondo rotondo”: se si continua a
volare verso nord automaticamente si arriva ad un certo punto a sud. Se si
parla al Sé onnipotente, automaticamente si arriva al Sé ferito.
In conclusione tutti noi
vorremmo essere dei supereroi dotati di superpoteri, ma la realtà è diversa.
Non dimentichiamoci, però,
che per essere noi stessi, per essere spontanei, noi dobbiamo già essere dei
supereroi.
[1] David Taransaud è consigliere psicoterapeutico (psychotherapeutic
counsellor) per adolescenti; autore, presentatore e tutor in Arteterapia ed
educazione. Ha maturato una lunga esperienza lavorando nei quartieri più poveri
di Londra, a contatto con ragazzi adolescenti e giovani etichettati come
asociali, a causa dei gravi traumi subiti nella prima infanzia.
Recentemente
ha soggiornato nel nord dell’Uganda dove ha ideato e organizzato un servizio
di Arteterapia presso un orfanotrofio per ex bambini soldato e giovani vittime
di conflitti e traumi. Ha inoltre realizzato un film che può essere visto su
You Tube: http://www.youtube.com/watch?v=_AmdJNE2XLA (Video title: Kitgum's
Orphans - Invisible Wounds).
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